Grande mareggiata del sud, estate 1962.
Dei tempi passati ricordo un vento che soffiava attraverso i canions. Era un vento caldo chiamato “Santana” che portava con sé il profumo di terre tropicali. Aumentava di intensità prima del tramonto e spezzava il promontorio. Io ed i miei amici spesso dormivamo in macchina sulla spiaggia ed il rumore del mare ci svegliava; poi, all’alba, sapevamo già che sarebbe stata per noi una grande giornata. Ecco così inizia il film leggenda per noi nati in quel periodo: il surf in Italia non esisteva, tranne qualche timido tentativo, il windsurf era agli albori nella nostra Italia più consona al vento che non alle onde oceaniche. Era il 1978 e questo film segnò molti di noi per il resto della loro vita.
“Il mondo è di una grandezza sterminata. Pieno di pericoli, di meraviglie e di tesori. Si può inseguire per tutta la vita un tesoro, credendo che sia ciò che si vuole solo perché tutti quelli attorno a noi lo indicano come preziosissimo, per rendersi poi conto però che non è davvero quello il tesoro che ci interessa. E se anche si dovesse spendere l’intera vita a cercare questo tesoro senza poi riuscire a trovarlo, perché mai si dovrebbe pensare di aver fallito? Quante esperienze si saranno fatte cercandolo? Quanto migliori si sarà diventati? Quante cose e persone si saranno conosciute? Forse non è trovare il tesoro che conta realmente, ma viverne con passione la ricerca. Alla fine della mia vita, se anche non avrò trovato nulla, mi renderò conto che stringo fra le mani qualcosa di molto più importante, un tesoro inarrivabile, l’uomo che le mie esperienze mi avranno reso, e la mia ciurma di amici”.
Ripercorrendo un percorso a ritroso nel tempo, ricordo che quella sera d’estate con i miei amici di Marina di Ravenna eravamo in quello che oggi non esiste più, il cinema all’aperto. Eravamo la classica compagnia, ragazzi e ragazze, amori di un’estate o pronti a durare una vita intera. Il film inizia e dentro di me prendono corpo immagini, sensazioni, profumi e atteggiamenti che mi rimarranno per sempre dentro. Forse non lo sapevo, ma la ricerca del tesoro della filosofia del surf, di quell’essere amici anche se non ci si vede sempre, era già dentro di me. Dopo quel film ero consapevole che guardare un tramonto, sentire la sabbia fredda all’alba al mattino, i profumi del mare, il cappuccino caldo bevuto dopo una notte a dormire in macchina, non erano perché ero strano, agli occhi della mia famiglia di altri amici, erano perché ero vivo, vivo di quelle cose che ancora oggi mi accompagnano.
Cosa hanno di così diverso questi sport rispetto ad altri? Perché ci si sente simili ad un delfino? Perché le amicizie nate e sviluppate con questo sport sono incredibili?
Credo che tutto sia in un lontano passato primitivo, dentro di noi, pieni di tecnologia, di inutili accessori quotidiani, esiste e pulsa dentro la parte più naturale, la parte che ci unisce alla natura. Quando stai surfando un’onda non puoi farlo, prima o dopo devi sentire l’onda in una simbiosi perfetta con l’elemento acqua, l’elemento da dove tutti noi veniamo. Ascoltare il vento non è un modo facile per valutare se arriva bel tempo o brutto tempo, il vento ci parla e ci dice tante cose, bisogna essere capaci di ascoltarlo.
Oggi, nel mondo frenetico dettato dai rialzi di Wall Street e dagli aumenti del petrolio, noi siamo ancora alla ricerca dell’onda perfetta, di un fuoco acceso in spiaggia con gli amici, con una birra, una chitarra che ci rende tutti simili, figli di una madre natura che ci accompagna. Ecco cosa vuol dire sentirsi vivo, ecco cos’è la filosofia del windsurf, del surf.
Noi ci sentiamo figli del vento, il nostro elemento naturale è il mare.
Ed è lì che vi aspetto…
Fotografia di Pipi Surfaction
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