L’immaginario letterario ha sempre collegato Grazia Deledda con la montagna o almeno con il territorio interno delle Barbagie, da Nuoro a Fonni, a Mamoiada.
Invece Sangue sardo, il primo racconto che Grazia pubblicò a 17 anni, sulla rivista romana per signorine, “L’ultima moda”, nel giugno del 1888, si apre e si chiude davanti al mare: “Calava la sera, una sera pesante, afosa di luglio. Lontano dal mare fremente, tra le immense strisce di spuma d’argento a sfumatura di un verde oscurissimo, s’alzavano grandi massi di nebbia(…)”.
In breve: Ela, diminutivo di Michela, è “una fanciulla sarda di quindici anni”. Ha molti tratti autobiografici, come normale per le prime prove letterarie della nostra scrittrice. Anche Ela, come Grazia, è una accanita lettrice di “romanzi moderni” e si innamora di Lorenzo, un amico del fratello. Di questo amore adolescenziale si parla pure nel postumo Cosima che, essendo autobiografico, garantisce che un tale incontro ci sia stato veramente.
E’ luglio e la famiglia di Ela si reca in un paese sulla costa nord della Sardegna. Proprio davanti al mare Ela giura di vendicarsi di Lorenzo che non ricambia il suo amore: “E una notte oscura e nebbiosa di luglio la vedemmo, fra gli scogli neri della costa orientale della Sardegna, emettere un giuramento fra il muggito delle onde del Mediterraneo”.
Lorenzo ha scelto Maria, la sorella maggiore che: “non vedeva al di là dei lavori domestici. Era capace di rimanere un anno leggendo un romanzo di Scott, facendoselo spiegare da Ela”, ma si sa, certi uomini preferiscono la buona cucina alla cultura!
Passano cinque anni e Lorenzo diventato avvocato si accinge a sposare Maria.
Ritorna luglio: Ela incontra Lorenzo sugli scogli davanti al mare e dopo avergli chiesto di allontanarsi dalla Sardegna senza Maria, al suo diniego lo pugnala al cuore. E poi: “Ela strisciò sugli scogli e sparve tra la nebbia e le ombre vaganti delle macchie di lentischio. Si udì un galoppo su nella montagna. Un lampo guizzò nel mare, mentre in cima dei monti grigi, velati, apparve un cavallo nero, su cui era seduta un’amazzone pure nera che sparve dietro la montagna. Dove andava?, che avvenne di Ela? Mistero!”.
Certamente la trama risente delle letture tardoromantiche care alla Deledda, come a tutte le ragazze della sua età. Ma è indubbio che il mare di Orosei (dove è ambientata la festa della Madonna del rimedio in Canne al vento) o di Dorgali, abbia affascinato Grazia, montana per nascita nuorese.
La sua vita le avrebbe preservato altre frequentazioni marine.
Infatti dopo il matrimonio col funzionario ministeriale Palmiro Madesani e il trasferimento a Roma, Grazia Deledda conobbe il mare di Anzio e Viareggio dove si recava con i figli piccoli per le vacanze estive. Ma ben presto volle fuggire dalla Versilia diventata troppo mondana e chiassosa per lei; si recò così a Cervia vicino cui abitavano amici scrittori come Marino Moretti. Proprio a Cervia, nella riviera romagnola, Grazia comprò il “villino color biscotto” con i soldi del Nobel; Cervia fu la prima città in Italia che le dedicò una piazza, il lungomare e una splendida statua, oltre avergli conferito la cittadinnaza onoraria.
Se Sangue sardo è il primo racconto di Grazia Deledda, ancora debole, ma con una ambientazione marina indiscutibile, l’attaccamento di Grazia Deledda al mare è confernato da uno degli ultimi romanzi, tra i più autobiografici, Il paese del vento. Scritto in prima persona, cosa rarissima per i romanzi della Deledda, racconta il viaggio di nozze di una coppia che per tratti caratteriali si rispecchia in Grazia e Palmiro. Il Paese del titolo è Cervia descritta nella bellezza delle sue spiegge. Anche in questa storia compare un amore adolescenziale della protagonista, Gabriele, amico del fratello e conosciuto in Sardegna. Gabriele alias Lorenzo? Infondo qualcuno sostiene che gli scrittori scrivano sempre la stessa storia.
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