La Sardegna l’ho scelta come terra di adozione. Dopo la folgorazione giovanile per Gigi Riva, è esplosa in me la voglia di conoscere luoghi, sapori, suoni , colori, profumi che mitizzati da certa letteratura mi parevano così distanti dalle mie tante patrie, delle mie case. L’incantesimo c’è stato e subito: intuivo che dietro la facciata della prima serata di gala nel grand’hotel, mi portava a ridere di gusto con la gente del posto, così sincera, trasparente, orgogliosa e mai invadente.
E’ stato come seguire il mio amato aquilone. Anch’io ho ricamato fughe di pensieri attorno a tavolate che dicevano tutto sulla civiltà della tavola: sapori che erano rimasti nella memoria, vini sinceri, musiche avvolgenti. Tutto generoso come la gente, mai finta. Per questo è nato il mio paradiso nel posto più bello del mondo, a Santa Margherita di Pula.
Ci sono il suono della risacca, i profumi dei pini, le tentazioni degli amici attorno alla nuova grigliata, la voglia di dipingere pareti, le musiche di Guenda e le ricerche silenziose e profonde di Gianamedeo, le notti a spiare le stelle. Eppoi le escursioni a cavallo, le visite alle chiese e alle miniere di Iglesias, le gite in barca a Tuerredda, gli scivoli pazzi al monastero, le gite in barca con un panino e fermentino nell’incantesimo del parco geomarino di Villasimius o ad Arbatax nel regno di Giorgio Mazzella.
Il calore, le forti emozioni della immersione totale estiva e delle fughe di certi fine settimana me li porto tutti come vera “salute” a Milano, negli studi televisivi, in casa quando in cucina riproponiamo la nostra fregula, i mallorreddus con la salsiccia, lo spezzatino di cinghiale. Ma l’aria e i profumi sono altri. E non c’è il mio mare.
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