Lussino, l’isola che passa di mano in mano, tra le coste d’Istria e Dalmazia, è epicentro blasonato della marineria e della cantieristica dell’Adriatico, quando agli inizi del ’900 dà i natali al più nostalgico dei suoi figli: AGOSTINO STRAULINO.
Tino, non smetterà mai di evocarla e di desiderarla: “Roma così frenetica, così lontana e senza mare….” Lussimpiccolo, terra aspra e silenziosa come le sue genti, forgia l’ennesimo ragazzo da mare.
Il mare come grembo, il mare cortile dei suoi giochi. Il mare come risorsa. E lo riempie da subito dei suoi odori e dei suoi umori: a scuola in barca, avanti e indietro col suo fiuto sul vento e i libri dapparte. Un predestinato. Certo, in casa, di mare si viveva. E il padre, uomo di Marina tutto regole e rigori, al neo diplomato fa il regalo più bello e pregnante: una barca, quella che costruì con lo zio Giuseppe: “per un anno fai quel che ti pare, arrangiati però: io soldi non te ne dò, quì puoi tornare quando vuoi”. L’uomo e il mare. Comincia così la gara con la vita dell’uomo che riuscirà, oltre la magia, a domare il mare e a porsi in simbiosi col vento. Una vita passata con la salsedine addosso. Tino, oltre il mito: cresce l’uomo silenzioso, l’uomo di mare taciturno e severo, soprattutto con se stesso, scorbutico e ruvido ma infinitamente generoso con la vita e il prossimo. Quel regalo gli fa abbracciare la libertà assoluta e l’arte del mettersi in gioco: crescono fiuto, coraggio, l’esperienza mai alimenta la supponenza. La cultura dell’umiltà e dell’arrangiarsi comunque diventa il pane quotidiano, magari con l’aggiunta del riso, barattato col pescato.
La Lanzarda, guscio e nave scuola della vita sua, piccola barca-sfida per scorrerie sull’Adriatico, diventa così la micro azienda da navigatore che sfugge dalla bonaccia e amoreggia con la libertà. E a vent’anni, in sintonia con gli amici mare e vento, entra in Accademia Navale: ufficiale di Complemento. Tino, nascente stella del mare da competizione, incontra in Marina una Star per una regata sfida con gli ufficiali effettivi. E il predestinato viene ancora spinto dal buon vento del Destino: l’ufficiale manovratore Straulino si ferisce ad una mano e convince il Comandante a non mollare il campo; passa, così sanguinante, al timone. E da ultimi si passa al secondo posto: qui il momento topico dello Straulino velista. Quel timone non lo lascerà più e andrà a vincere trofei, allori, titoli, vittorie insperate e a conoscere pure l’amaro gusto della sconfitta.
L’uomo che domina il vento, che accarezza il mare e si allea perfino con la bonaccia, il Comandante rude e silenzioso, mai sborone, rispettoso del fato e dell’avversario, inflessibile con l’equipaggio, mai soddisfatto di nulla, perfino insopportabile, condivide da sempre premi e champagne coi marinai. L’orgoglio dell’appartenenza dell’uomo di mare si sublima con il Comando del Corsaro Secondo, figuratevi poi con il comando della Vespucci “ con tutte quelle vele che non finiscono mai, così tante, così maestose, una cosa meravigliosa….”.
L’uomo mai domo, si è detto. Neppure dentro le difficoltà del nuotatore d’assalto in guerra, nè in eroiche missioni. Come quando nell’opera di sminamento dei porti a Bari rischia di perdere la vista. E l’uomo sconfigge la paura, quella degli altri…….. allenandosi di notte: “al buio puoi sentire meglio il vento. Per carpirne tutti i segreti. Il vento, la sua forza, ti possono tradire quando meno te lo aspetti, ti tradisce anche il vento più famigliare. Per questo decido due minuti prima come affrontarlo”. Eppure un piccolo grande tradimento lo subisce proprio in famiglia: la figlia, dopo un innamoramento col mare, sceglie la terraferma.
Ma Tino, il rude invincibile si intenerisce quando è la nipotina a scegliere il mare per i suoi primi passi nella vita. Il regalo del nonno ? Una barca. Così, a vele spiegate nella Storia, il ruvido lupo di mare che si divertiva senza età ad andar ad handicap, riuscirà a lenire la lontananza e la nostalgia dalla sua Lussino. Con gli occhi umidi e profondi proietterà un’altra predestinata per i mari del mondo. ARMA e VAI, gli diceva il rude e generoso zio Joe il rosso, quello della Lanzarda. Arma e vai. Così Tino, fino al dicembre del 2004 quando armò la vela per non fare più ritorno.
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