La valle di rio Irvi che sfocia nel meraviglioso litorale di Piscinas non ha pace. Ogni acquazzone ingrossa la parte finale del modesto rio, ove ciclicamente si riversano le acque che confluiscono nelle gallerie di Casargiu, il punto più basso del sistema minerario di Montevecchio, sino alla sua naturale tracimazione. È successo anche in questi giorni, dopo le ultime piogge che hanno colmato il sottosuolo di Casargiu, dando vigore al “fiume rosso”, come oggi viene chiamato. Questa miscela di acqua piovana e di grandi quantità di ruggine e dovuta al disfacimento delle armature minerarie, attrezzature e vecchi macchinari non asportati al momento della chiusura, perché antieconomici.
Il colore rosso predomina e la mente corre all’ossido di ferro, ma quelle acque contengono altri inquinanti. Nel sottosuolo l’acqua viene a contato con i filoni aperti e le discariche interne di materiali sterili, provenienti dalle laverie e utilizzati per i riempimenti dei vuoti nelle coltivazioni dette a “gradino rovescio”. La caratterizzazione del vasto sito in attesa di bonifica, ci ha permesso di conoscere meglio il livello del rischio. Per brevità estraiamo qualche dato dello studio presentato nel 2021 dall’ISPRA (Dipartimento per il Servizio Geologico d’Italia), dalla RAS (Servizio Tutela dell’Atmosfera e del Territorio) e dal l’ARPAS ( Direzione Tecnico Scientifica), dal titolo:“Analisi di rischio sulle discariche minerarie della macroarea di Montevecchio Ponente”.
Lo studio richiama la concentrazione di metalli e sostanze inquinanti presenti nelle discariche lungo il corso del rio Irvi, ove si riscontrano, su frazione granulometrica inferiore a 2 mm, la presenza di metalli pesanti e sostanze inquinanti relativi a: As, Cd, Co, Cu, Hg, Pb, Sb e Zn. In particolare preoccupano l’alta percentuale di Cadmio e di Piombo.
Per quanto riguarda le acque si riportano le tabelle di seguito, estrapolando due dei prelievi, su trenta campionature, effettuati a diversa distanza dal pozzo Fais (Casargiu), verso la confluenza con rio Piscinas che nei giorni scorsi ha colorato il delicato litorale.
Tabella 11.1: Chimismo del Rio Irvi, maggiori (milligrammo/litro)
Tabella 11.2: Chimismo del Rio Irvi, elementi minori (micogrammo/litro)
I dati variano da punto a punto perché lungo il corso vi sono ulteriori opporti di inquinanti dovuti ad altrettante discariche, sostanzialmente però i rapporti sono similari ad eccezione del prelievo n.10 dove risulta il ph maggiore.
Di fronte a questi dati preoccupanti, lo studio ha anche rilevato che la natura provvede, nonostante le gravi ferite provocate dall’uomo, al suo lento ma costante risanamento. Sul rio Naracauli la vegetazione concorre a creare una “forma di immagazzinamento diretto dei metalli e, trattenendo i sedimenti fini, favorisce la formazione di uno strato che dando luogo a condizioni di scarsità di ossigeno, favorisce la formazione di minerali secondari di metalli”.
Fenomeno che sta avvenendo anche nel rio Irvi ma in forma minore, in quanto sono ancora presenti processi di erosione e trasporto dei sedimenti. Ciò che è successo nei giorni scorsi non fa che accentuare le criticità del rio, perché si è trattato di una “bomba d’acqua”, che con la sua forza ha mutato le condizioni della lenta stabilizzazione in atto, dilavando quanto incontrato nel suo dirompente percorso.
Fenomeno che possiamo considerare come ulteriore richiamo, se ancora ce ne fosse bisogno, per porre mano con decisione a tutti quegli ostacoli che ancora si frappongono all’avvio delle agognate bonifiche e di messa in sicurezza.
Qualche tentativo di intervento per cominciare il risanamento vi è stato ma è miseramente fallito, come l’impianto di trattamento delle acque a bocca di miniera a Casargiu, costato milioni di euro e mai entrato in esercizio ed oggi concorre ad accrescere il degrado. Non ultima la proposta di un altro impianto di adduzione acque da porsi nel cantiere Sanna per abbassare il livello idrometrico di Casargiu, che ha una portata stimata tra i 20 e 40 litri al secondo, al costo di oltre 1 milione di euro per 20 giorni di sperimentazione. Purtroppo neanche il “Tavolo Tecnico”, che affrontò il problema l’8 luglio 2021, trovò una soluzione operativa percorribile.
La storia ormai si trascina da troppi anni, i primi stanziamenti del 2001 restarono lettera morta per tanto tempo, poi a ridestare il problema fu il Ministero della Salute, che nel 2006, con lo “Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio di inquinamento”, denunziava l’annosa esposizione delle popolazioni minerarie a malattie mortali, quali tumori sull’apparato respiratorio, circolatorio, neurologico e renali: – l’area mineraria dell’arburese e guspinese mostra una mortalità in eccesso di circa il 10% negli uomini, prevalentemente a carico delle malattie respiratorie (+149%) e del tumore polmonare (+28%). L’insieme delle cause evitabili mostra un consistente eccesso (+28%) sulla media regionale.
Nonostante la grave denunzia, il tema del rischio ambientale viene ripreso solo nel 2012, con la deliberazione n. 87/2012 del Cipe, che destina un importo di 95.445.796 di euro per una serie di interventi ad alta priorità ambientale, finalizzati alla manutenzione straordinaria del territorio minerario del Sulcis-Iglesiente e Arburese-Guspinese. Per quanto ci riguarda, vennero stanziati 23.500.000 di euro per “Montevecchio Levante” (Progetto stralcio del sito di raccolta) e 40.236.096 per “Montevecchio Ponente” (Progetto di messa in sicurezza permanente discariche minerarie). Con la Delibera di Giunta Regionale n.33/45 del 8.8.2013 si prende atto del dispositivo del Cipe e si stabilisce di riconoscere l’ IGEA s.p.a soggetto attuatore degli interventi.
Comincia così un’iter burocratico problematico e intricato, tanto che già qualche anno dopo, con la deliberazione n.9/29 del 10.03.2015 la Giunta regionale poneva dubbi sulla capacità operativa dell’IGEA S.p.a, allora in forte crisi finanziaria, per la gestione delle somme stanziate dal Cipe nel 2012. Venne allora costituito un apposito Accordo di Programma Quadro (APQ) “rafforzato” nell’ambito del quale, fra l’altro, vennero individuati, imprudentemente, i Comuni quali soggetto attuatore. Essendo già disponibili gli importi per “Montevecchio Levante”, le risorse furono subito poste a disposizione del comune di Guspini, nel territorio del quale ricadeva l’articolato progetto di bonifica.
Per “Montevecchio Ponente”, il comune di Arbus, per carenza di personale, declinava l’incarico, e “al fine di definire con certezza il soggetto attuatore dovrà provvedersi ad una sua rimodulazione in forza della deliberazione CIPE del 30 giugno 2014, n. 21”, così lo stanziamento previsto venne cancellato, con la motivazione che non pervennero al ministero, entro il 31/12/2014, l’assunzione delle Obbligazioni Giuridicamente Vincolanti (OGV), che solitamente sono in capo alla Regione o al soggetto attuatore.
Nel frattempo per il recupero delle risorse su “Montevecchio Ponente” la Giunta Regionale, con la delibera n.12/33 del 27 Marzo 2015, approva il “Progetto per la stabilizzazione delle discariche minerarie, la regimentazione idrica e la protezione sponderale del rio “Casargiu”.
Ancora la Giunta, nel tentativo di rafforzare la richiesta di rifinanziamento del Cipe, il 28.07. 2015, deliberava: “Considerata la valenza strategica dell’intervento, il Presidente propone di confermare il finanziamento finalizzato al completamento delle fasi progettuali dello stesso per un importo pari a euro 1.500.000, affidandone la realizzazione alla società in house IGEA S.p.A.”.
Successivamente il completamento delle fasi progettuali, il programma viene riportato nell’elenco dei progetti da inserire nell’area tematica “Tutela dell’ambiente e valorizzazione delle risorse naturali”, prevista per il periodo di programmazione FSC 2014-2020. “Montevecchio Ponente” viene così a far parte del Programma intervento 9 – Infrastrutture.
Finalmente con le risorse disponibili nel 2016 venne avviato il processo di caraterizzazione del territorio e la progettazione preliminare. Gli adempimenti sono tanti ed impegnano più soggetti, ma qualcosa non va per il verso giusto, ancora a febbraio 2023 il Ministero dell’Ambiente attendeva che la proposta di pompaggio delle acque previsto nel cantiere Sanna, sul quale si fonda il cuore del trattamento idrico delle gallerie, venisse rivisto. Non è dato sapere se ciò sia avvenuto, la sensazione è che dovremmo ancora aspettare, perché l’avvio dei lavori non è dietro l’angolo, visto che il progetto gemello “Montevecchio Levante”, pur avendo superato tutte le prescrizione non ha ancora aperto il cantiere. Il clamore di questo ultimo sversamento su Piscinas si spera possa destare non solo l’indignazione dell’opinione pubblica, ma anche la consapevolezza degli addetti ai lavori che bisogna porvi mano con determinazione, superando le difficoltà e attuarlo al più presto, perché o per causa umana o naturale, gli sversamenti e le polveri continueranno la loro devastante azione.
Non lasciamo che la natura faccia il suo corso, per quanto solerte sia stata in quest’ultima circostanza, ridando in pochi giorni a Piscinas il suo fascino e splendore, tanto che qualcuno dice si sia gridato “al lupo al lupo”.
Tutti noi sappiamo che non è così, pertanto siamo fortemente chiamati ad impegnarci per salvaguardare e tutelare un indiscusso patrimonio naturalistico, che ebbe inizio 245,9 milioni di anni fa ed ancora oggi è in formazione, grazie agli apporti del rio Naracauli e Piscinas.
Come residente di Montevecchio mi sento triste e deluso del comportamento di certi politici che hanno lasciato nel totale abbandono un paradiso naturale come il nostro.
Funtanazza e il villaggio di Montevecchio , semiabbandonato, ne sono un altro esempio negativo.