“Abbiamo bisogno di salvaguardare il paesaggio della Sardegna. Ma abbiamo bisogno che dentro questo paesaggio ci siano anche i sardi, con le loro esigenze di benessere e di sviluppo”. Con una nota stampa che affronta lo spinoso tema dell’autosufficienza energetica e della produzione di ricchezza attraverso le rinnovabili, Franciscu Sedda, leader indipendentista di A Innantis!, mette sull’agenda politica la sua proposta. Lanciando un messaggio anche alla sua coalizione: bene bloccare la speculazione ma serve iniziare a lavorare subito su un progetto organico e sostenibile “per produrre e vendere noi energia”, il che significa anche “decidere insieme quali parti del nostro territorio terrestre e marino dedicare a produrre energia per noi”. Altrimenti, è la provocazione di Sedda, “potremo anche avere una terra senza pale e pannelli ma con dentro pochi sardi poveri e tristi”.
“Nel 2007 come indipendentisti lanciammo una campagna che denunciava: “Il due per cento a noi, il novantotto a loro” – scrive Sedda. “Si riferiva ai profitti delle multinazionali per ogni pala eolica impiantata sulla nostra terra. Nel mentre, confrontandoci con gli esperti del CRS4, mostravamo come una indipendenza energetica pulita era a portata di mano investendo noi sulle rinnovabili”.
“Nel 2015” continua la nota “parlavamo dell’esigenza di una nostra Società elettrica, una multiutility che creasse energia pulita e prosperità per i sardi ripartendo dallo sfruttamento dei nostri invasi, da una oculata gestione della risorsa idrica, dalle comunità energetiche, dal riciclo di quella ricchezza nascosta che sono i rifiuti, da un eolico e un solare gestiti da noi nel rispetto del paesaggio”.
“Oggi le cose sembrano finalmente andare in questa direzione, ma come tutte le battaglie grandi e ambiziose la loro realizzazione è complessa, e per minimizzare ritardi, inciampi, errori ha bisogno di attenzione, partecipazione collettiva e confronto costruttivo. E che non si perda di vista l’obbiettivo: il benessere e il futuro della nostra gente.”
Qui Sedda lancia la sua proposta: “Se non produrremo ricchezza per sostenere i servizi pubblici essenziali – scuole, sanità, infrastrutture, trasporti – di sardi ne rimarranno pochi e quelli che rimarranno sull’isola vivranno male o vivranno asserviti. E poco cambia se invece di essere asserviti alle multinazionali delle rinnovabili lo saranno a qualche altra monocoltura economica o all’assistenzialismo peloso dello Stato italiano, che chiede fedeltà mentre fa finta di mantenerci”.
In altre parole, dice Sedda, “per produrre prosperità e costruire un Paese libero serve energia. A basso costo, diffusa, pulita. Bloccare la speculazione è necessario. Ma non basta.
Potremmo salvare il paesaggio ma non per questo salvare i sardi. Potremmo avere una terra senza pale e pannelli ma con dentro pochi sardi sempre più tristi e poveri”.
Che fare dunque? “Dobbiamo esercitare l’immaginazione, il coraggio, la propositività e una volta tanto anticipare i tempi, invece che subirli: costruire una Società Energetica Sarda e gestirla bene; avere una nostra strategia energetica con una nostra gestione delle reti e delle relazioni internazionali a nostro vantaggio; bonificare dove è stato deturpato e decidere insieme – con sensibilità e visione strategica – quali parti del nostro territorio terrestre e marino dedicare a produrre energia per noi; finanziare l’innovazione scientifica e tecnologica per ridurre sempre più l’impatto ambientale. Sono sfide che fanno tremare i polsi, perché – come sempre – dire no e indicare i cattivi è semplice: dire sì, e fare noi cose buone è molto più complicato. Ma se vogliamo salvare i sardi e creare libertà bisogna smettere di tremare e darsi da fare”.
In copertina: Cuile “Vadde ‘e sas mandras” – Foto di Leo Fancello
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