Con questo slogan che funge da foglia di fico, da specchietto per le allodole, si porta avanti un progetto di trasformazione del Creato. La Sardegna è rimasta tra le poche terre del Mediterraneo e dell’Europa occidentale, arrivata ai giorni d’oggi ricca di endemismi protetti, biodiversità floristiche e faunistiche . Paesaggi naturali incontaminati, vaste aree selvagge, ecosistemi marini, terrestri, montani, fluviali lacustri, aree protette, parchi, spiagge incantate, falesie a picco sul mare, arcipelaghi, un mondo magico che agli occhi dei sardi e dei visitatori appare come sacro e inaspettato. Poco più di 1,6 milioni di abitanti una delle aree geografiche con la più bassa densità abitativa, diversità paesaggistiche, con distese di pianure, colline, montagne e coste, dove lo sguardo si perde senza mai incontrare elementi antropici. Il patrimonio paesaggistico, il patrimonio culturale, gli ecosistemi, la biodiversità sono preminenti, tutelati dalla Costituzione art. 9 e art. 41.
Da decenni la civiltà moderna si interroga quale sia la strada da percorrere per attuare il progresso sociale, economico e ambientale. Tutti gli Stati convergono che questo sia possibile percorrendo la strada della Sostenibilità per attuare uno sviluppo rispettoso dei più importanti valori che la civiltà riconosce. Bene se questo assioma è irrinunciabile, allora perché si gioca alla devastazione ambientale con la scusa di una fantomatica transizione ecologica? Si vuole veramente il bene della Terra, dell’ambiente, delle comunità? Oppure si perseguono fini economici speculativi portati avanti da lobby di potere internazionali? Questi sono interrogativi e riflessioni su cui tutti noi Sardi dobbiamo soffermarci, riflettere, studiare, approfondire, conoscere, creare una consapevolezza, una coscienza, prima di tutto a livello individuale e poi come popolo.
Cerchiamo di fare una breve analisi su ciò che ci stanno proponendo. Cambiare, sostituire il nostro stile di vita, il paesaggio, il nostro ambiente naturale, agricolo, pastorale, artigianale, sociale, culturale, tradizionale in cambio di un paesaggio industriale. Dopo che le ferite ambientali, sociali ed economiche inferte e ancora non rimarginate dalle industrie in Sardegna fino agli anni ’80, oggi si parla ancora una volta di atti predatori e dal sapore colonizzante che prevaricano la volontà delle singole comunità e dell’intero popolo sardo. Si sente parlare a sproposito di ecologia, la si usa per giustificare le peggiori nefandezze ai danni dell’ambiente e dei popoli, si, proprio così.
I più non si chiedono da dove provengano le materie prime impiegate per realizzare pale eoliche e impianti fotovoltaici, ebbene sì in nome dell’ecologia oggi vengono devastate aree vaste con le miniere nel terzo mondo in Africa (Costa d’Avorio, Niger,Congo, Algeria etc.) e in sud America (Cile Bolivia etc.), distruggendo e inquinando l’ambiente, ma soprattutto utilizzando gli schiavi del terzo millennio, bambini, donne e uomini sottopagati che vivono in condizioni disumane. Ma non finisce qui, infatti questi minerali estratti vengono poi utilizzati dalle industrie più inquinanti del pianeta che si trovano a Taiwan, Cina, India e le due super potenze economiche (Cina e USA) dettano la loro corsa si contendono il primato, la competizione economica mondiale, perseguendo i loro fini e la loro agenda.
Da queste aree così lontane da noi, viaggiano e arrivano migliaia di navi cargo che trasportano i prodotti finiti nell’occidente, dopo aver bruciato e inquinato con barili di petrolio, gigalitri usati come combustibile per le industrie e per la navigazione negli oceani del nostro pianeta. Una volta arrivati a destinazione pale eoliche e pannelli fotovoltaici verranno installati in Sardegna devastando intere aree, eliminando la biodiversità deturpando il paesaggio, a poca distanza da siti archeologici, storici, culturali, la nostra civiltà verà umiliata mortificata, i monumenti megalitici precristiani, menir, dolmen, domus de janas, tombe dei giganti, pozzi sacri, villaggi e reggie nuragiche, la moltitudine di preziosissime opere d’arte e culturali del Cristianesimo saranno solo un piccolo e insignificante corredo funebre a fronte dell’invasione dei mostri delle nuova invasione industriale che domineranno il paesaggio.
In tutte queste scelte i sardi sono stati estromessi, ma non possiamo passivamente sottometterci ai voleri di chi non conosce la Sardegna più autentica, quella vera, tradizionale che sa riconoscere le scelte rispettose e in equilibrio con la propria storia e identità, che conserva un inestimabile capitale culturale e sociale, in un occidente in continua decadenza, la ricchezza del patrimonio identitario incommensurabile potrà esser la nostra vera rivincita e richezza nel prossimo futuro. La letteratura sarda ha fatto conosce all’Italia e all’Europa la bellezza e l’unicità dei nostri paesaggi selvaggi, ricchi di biodiversità e fascino, il premio Nobel Grazie Deledda è stata la Madre della Sardegna cuore pulsante della cultura al centro del mediterraneo, ha saputo comunicare al mondo l’incanto, della nostra terra, questa è la via da seguire.
Gli ecosistemi, il capitale umano, sociale, vanno tutelati dagli interessi economici e speculativi di pochi. La Sardegna non può subire un danno irreparabile per queste scelte scellerate, non ha zone di serie A, B o C, non si può scegliere tra il mare o l’entroterra, tutto va valorizzato, tutelato, salvaguardato e in alcuni casi dove il territorio è compromesso va ripristinato, l’ecologia va di pari passo con l’equilibrio e con il rispetto dei luoghi. La trasformazione della Sardegna con un paesaggio industriale, con distese di eolico e fotovoltaico non possono essere compatibili con la nostra isola .
Noi sardi siamo un popolo dignitoso e fiero, il senso d’appartenenza e difesa della propria terra i valori che ci caratterizzano devono unirci e condurre tutti con coraggio nel fare una scelta di campo netta di resistenza, ad oltranza, difendere la propria storia di inviolata libertà e poter scegliere il proprio destino e il proprio futuro senza imposizioni. La recente sentenza della Corte Costituzionale n. 103 del 2024 (trasmessa e diffusa con il comunicato stampa del 7 giugno 2024) boccia il ricorso del Governo che aveva impugnato la legge Regionale del 23 ottobre 2023 che delega i Consigli Comunali per effettuare le scelte ricadenti nei territori destinati ad usi civici, preservando di fatto il principio di autonomia nella disciplina urbanistica. Questo segna un punto fermo giuridico riconosciuto dalla Costituzione.
Preservare il più grande capitale collettivo, salvando la più grande ricchezza che ci è stata data in prestito dai padri, è nostro dovere riconsegnarla incontaminata ai giovani e alle generazioni future. Questo si, principio di Sostenibilità vero da perseguire!
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