La direzione generale dei Beni Culturali della Regione Sardegna, con nota del 4 giugno scorso, informava Mons. Antonio Massa, parroco di San Nicolò, dell’ammissibilità a finanziamento del progetto di restauro della chiesa campestre di San Giorgio, sita al km 42 della strada Statale 196 – Guspini Gonnosfanadiga.
Inserita nell’azione promossa da tempo dalla parrocchia per il recupero del patrimonio storico culturale, ha ottenuto l’ammissibilità a finanziamento attraverso la Misura 2 “Rigenerazione di piccoli siti culturali, patrimonio culturale, religioso e rurale”, dei fondi del PNRR. Quest’ultima proposta della parrocchia si affianca agli ultimi due finanziamenti ottenuti per la parrocchiale di San Nicolò, rispettivamente, per l’adeguamento liturgico dell’area presbiteriale e il nuovo altare-mensa per la celebrazione eucaristica, per la facciata tardo catalana e lo splendido rosone traforato, in fase di restauro.
La chiesa di San Giorgio, ha ottenuto un finanziamento di 150 mila euro su progetto dell’Ing.Melissa Garau, per un “Intervento edilizio di risanamento conservativo finalizzato al restauro e alla valorizzazione dell’antica chiesa rurale di San Giorgio”.
Nei giorni scorsi è avvenuto il sopralluogo alla presenza del Parroco e dell’Ing. Garau, che ha illustrato all’impresa edile di Efisio Zaru, alla ditta elettrica fratelli Renzo e Salvatore Cocco e la ditta idraulica Luciano Liscia gli interventi previsti dal progetto. I lavori interesseranno opere interne con la pulizia delle capriate e tavolato di copertura, intonaci ammalorati, pulizia del pavimento e dell’altare. All’esterno ci sarà il controllo della copertura e delle facciate con ripristino della tinteggiatura. A tal proposito l’Ing. Melissa Garau: “Sono molto compiaciuta come tecnico di poter far rivivere ancora una volta la Chiesa campestre di San Giorgio che vidi “addobbata a Festa” nel lontano 2008 e negli anni della mia infanzia. Quando siamo riusciti con Don Antonio Massa (noto Don Niko) a partecipare al bando nell’anno 2022, ho cercato di ottenere il massimo punteggio con il livello di progettazione definitivo-esecutivo ma i fondi regionali erano insufficienti per tutte le richieste pervenute. Solo qualche mese fa, abbiamo saputo di essere beneficiari del massimo delle economie come da progetto presentato e questa è stata per me una grandissima soddisfazione.
Il mio intento è riuscire con l’esecuzione dei lavori a rendere la chiesa campestre di San Giorgio, come nelle mie aspettative progettuali, per la fruibilità della stessa, per l’importanza storica del paese di Guspini che riemerge…”.
Dalla relazione illustrativa traiamo alcuni elementi che con l’esecuzione dei lavori potrebbero esser meglio definiti, come la sua origine oggi certa già dal 1700.
Certo è che la chiesa di San Giorgio, considerata campestre, fa parte delle numerose chiese presenti nell’agro guspinese, alcune entro i centri abitati di Guspini e Neapolis, il resto sparse per il territorio che potrebbero datarsi molto prima del 1700. Purtroppo il 13 di novembre del 1763 con l’editto del vescovo di Ales Terralba, Mons. Giuseppe Maria Pilo tutte le chiese campestri furono scoperchiate e lasciate al loro disfacimento, perché, a detta del vescovo, erano diventate rifugio per i malviventi.
Tutte le funzioni che si svolgevano nei piccoli santuari vennero trasferite nelle parrocchiali. In fase medioevale nel territorio guspinese si contavano 16 strutture ecclesiali, tre nell’abitato: Sant’Alessandro, (Sana Barbara) San Nicolò di Mira e della Vergine Assunta e due a Neapolis, che si presume sia stata in vita sino al 1300, Santa Maria e Santa Elena.
Il resto delle chiese sparse nei vari territori, pare sorsero per volontà dei proprietari terreni in quanto loro devoti e a loro spese organizzavano ogni anno la festa a Santa Caterina, San Giorgio, San Giovanni, Santa Margherita, Santa Maria de su Crau, San Pietro, San Simplicio, Santa Sofia, Santa Temporada, Ecclesia Taverna de Maistro, Santa Maria de Urralidi.
Questa nostra di San Giorgio si scosterebbe dalle altre perché si presume sorse per volontà dei cavalieri guspinesi piuttosto numerosi, che riuscirono a mantenerla nel tempo. Un anno prima dell’editto del vescovo Pilo, nella risposta al questionario inviato dal vescovo per conoscere lo stato delle parrocchie si legge: “En iglesis rurales se celebran en propria igl[esi]a la fiestade la Virgen de Monserrate y de S[a]n jorge martir à gastos de los obreros de cada igle[esi]a”. (Nelle chiese campestri si celebra, nella propria chiesa, la festa della Vergine di Monserrate e di San Giorgio Martire, a spese dei lavoratori di ciascuna chiesa). Nelle festività, in tutte le chiese campestri, nel giorno della vigilia si cantava la compieta, nel giorno della festa si celebrava la messa solenne e si teneva la processione. Dall’inventario si rileva che ormai si celebrava la festa solo in due chiese campestri: quella della Vergine di Monserrate, che non appare nell’elenco delle chiese medioevali e di cui non si hanno tracce ulteriori, mentre ancora oggi viene celebrata la festa di San Giorgio nella sua originale chiesa. Le ragioni del suo mantenimento nel tempo verosimilmente è dato dalla venerazione dei cavalieri guspinesi verso il militare romano martire cristiano, che da sempre hanno aperto le processioni. Che Guspini disponesse di un buon numero di cavalieri ci viene ricordato da due eventi storici del 1600. Il primo legato alla cacciata dei francesi, che sbarcarono il 21 di febbraio 1637 nel golfo di Oristano occupando la città, ma dopo alcuni giorni furono cacciati dai cavalieri provenienti in po da tutta l’isola e pare che Guspini ed Arbus vi parteciparono con 286 cavalieri al comando del capitano Pietro Fortesa ed al grido: San Giorgio! San Giorgio ci coprì di gloria!. Alla fine delle ostilità i cavalieri lasciarono in dono alla cattedrale di Oristano il loro stendardo di seta, su cui campeggiava la rappresentazione di San Giorgio con il suo destriero che sconfigge il drago.
Altro episodio collocabile tra la seconda metà del 1600 e 1700, sempre ad opera dei cavalieri arburesi e guspinesi, che difesero i territori di Neapolis e di Santadi dalla colonizzazione imposta dal feudo di Quirra, che intendeva cedere le terre a coloni terralbesi per costruirvi case e metter a coltura i territori a grano e vigne, nonostante che gli arburesi e guspinesi, praticassero già da tempo il pascolo e la semina, versando i dovuti compensi nelle casse del Marchesato. Alcune fonti narrano che i cavalieri dei due comuni vennero anche impegnati nella difesa della processione di Sant’Antonio da Padova, che da metà del seicento subiva le aggressioni dei villaggi di nuova fondazione, presso i territori di assegnazione.
Queste le vicissitudini, diciamo più recenti, che attestano la presenza di cavalieri a Guspini, ma non è da escludersi che la loro formazione possa essere ricondotta indietro nel tempo a seguito della presenza a Guspini, intorno al 1250, dei cavalieri di Malta (Gerosomilitani), che avevano il loro convento presso la chiesa di Santa Maria Assunta e potevano farne parte non solo i monaci cavalieri, ma anche i contadini liberi che ne rispettassero le regole, chiamati sergenti d’arme.
L’importante intervento di restauro della chiesa dedicata al santo cavaliere potrebbe riservarci interessanti scoperte, alcuni tratti oggi occultati da antichi intonaci e da probabili trasformazioni, potrebbero rilevarci una più antica fondazione, in particolare sul fronte destro sembrerebbe essevi stata una sopra elevazione che ne ha alterato un più antico frontale. Un elemento piuttosto evidente di un probabile diverso frontone lo si può rilevare anche dalla presenza di due antiche porte, sostituite da una più recente con trabeazione in granito. Non sono molte in Sardegna le chiese campestri con doppia porta d’ingresso, forse le maestranze si erano ispirate alla chiesa di Santa Maria, anch’essa con doppia porta di ingresso, peraltro i Gerosomilitani, in quanto cavalieri erano anche devoti a San Giorgio. Il simbolismo delle due porte racchiude per il cristianesimo la storia della salvezza, collocata fra la porta del Paradiso, dove vennero scacciati Adamo ed Eva, e la porta della Gerusalemme Celeste attraverso la quale si entrerà nella salvezza eterna. Ma senza scomodare la Bibbia, le due porte ci ricordano più semplicemente il paradiso e l’inferno, la vita e la morte o il bene e il male, che ci rimandano all’opera di San Giorgio, cavaliere di Cristo nella lotta tra il bene e il male, che trafigge il drago, simbolo del “demonio, nemico del genere umano”. Per cui non è da escludersi, visto che la festa pare sia sempre stata sostenuta e partecipata dai nostri cavalieri, che gli stessi potrebbero aver eretto molto prima del 1700 il tempio al loro protettore, non lontano dall’abitato, con le loro bandire, dove campeggiavano le croci rosse in campo bianco, secondo la leggenda.
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