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Bruno Corda ricorda così il “fratello” Cesare_di Fabio Salis

Nella vita esistono rapporti umani che vanno oltre la consanguineità e rimangono indissolubili. Nulla potrà mai spezzarli: nemmeno le avversità dell’esistenza.
Un legame unico è quello che unirà per sempre Bruno Corda e Cesare, entrambi con le radiocronache nelle vene e dotati di un forte temperamento che contraddistingue chi fa del giornalismo una missione di vita.

Pochi giorni fa Cesare Corda è scomparso all’età di 84 anni, lasciando un vuoto nel mondo del giornalismo. È stato uno dei decani nel settore, tra i primi radiocronisti e telecronisti sportivi sardi in assoluto. Negli anni Ottanta lavorò come inviato all’estero: andò in Sudan alla ricerca dei guerriglieri che avevano rapito due tecnici italiani, di cui uno sardo di San Vito, e riuscì a intervistare il capo dei ribelli. Si trattò del primo scoop ripreso dalla stampa mondiale. Per diversi anni è stato inoltre corrispondente dalla Sardegna per TG4, TG5, Studio Aperto e di Italia 1 Sport.

“Cesare era il fratello più giovane di mio padre”, ricorda Bruno. “Oltre che come un fratello, per me è stato come un secondo padre, anche perché ho avuto la sfortuna di perdere il mio quando avevo solo nove anni. Io con il temperamento adrenalinico e lui da intraprendente abbiamo vissuto una vita intensa, condividendo tutto, sia nella vita privata che professionalmente parlando. Ho ricordi meravigliosi di lui, ero certamente il suo nipote prediletto”.

Il giornalista, classe 1940, fece numerose telecronache di calcio e pugilato per Videolina ed è stato anche tra i fondatori del primo telegiornale sardo.
Rimarrà negli annali per esempio la sua radiocronaca per Radiolina dell’incontro di pugilato tra Udella e Martin del campionato d’Europa 1975 direttamente dal Palalido di Milano, la prima di una radio libera: “Oltre al calcio, la sua vera passione era il pugilato”,prosegue Bruno Corda. “Mi portava sempre con lui per gli incontri, anche a Milano quando Franco Udella vinse il titolo di campione del mondo. Nel 1977 lo incontrai casualmente a Montecarlo in occasione dell’incontro fra Monzon e Valdez. Provai ad entrare allo stadio per vedere l’incontro, utilizzando la tessera di Radio 24 Ore e riuscì a convincere l’operatore, tanto che Cesare rimase sorpreso”.

Cesare Corda è stato per Bruno un esempio da seguire per crescere nelle radiocronache: “Cesare era il mio modello da seguire, perché era sempre pronto all’avventura e non si scomponeva mai davanti alle situazioni difficili. Quando Gian Giacomo Nieddu mi chiamò nel 1978 per la mia prima radiocronaca del Cagliari a San Benedetto del Tronto, trascorsi il viaggio in treno ascoltando un’audiocassetta con la sua radiocronaca di una gara del Cagliari per studiare e capire la terminologia calcistica. Poi dopo tanti anni gliela regalai. Cesare era un grandissimo appassionato, non si perdeva mai una trasferta del Cagliari quando giocava nel Nord Italia”.

Lo stretto rapporto tra i due nacque a Villamassargia, paese di origine della famiglia Corda: “Quando avevo sedici anni in paese suonavo assieme ai miei fratelli con la mia band”, racconta Bruno. “Ogni estate Cesare scendeva da Brescia per le vacanze ed ebbi modo di conoscerlo meglio. Anche lui amava la musica e cantava. Nel bresciano aveva fondato un gruppo musicale ed era anche amico di Fausto Leali. A Villamassargia cantava le canzoni assieme a me. Da lì si creò un certo feeling e nonostante la differenza di età iniziammo a frequentarci assiduamente. Amava essere circondato dagli amici e organizzava feste musicali a casa sua, con piano e chitarra. Dopo le spaghettate, ogni fine settimana andavamo in un teatrino di Assemini, dove ci esibivamo assieme a Giampaolo Loddo e anche un nostro cugino, Marco”.

Tra le numerose iniziative di Cesare Corda ci fu la fondazione a Iglesias del “Politecnico Sardo”, scuola di recupero anni scolastici, che poi successivamente aprì a Cagliari: “mi diede l’incarico di trovare gli studenti che avevano interrotto le scuole superiori e avrebbero potuto riprendere”, ricorda Bruno. “Da lì iniziò un rapporto sempre più stretto di amicizia. Condividevamo un appartamento e numerose passioni comuni, fra cui la pesca, il cinema e il campeggio. Organizzavamo anche numerosi viaggi assieme sia in Italia che all’estero. Nel 1977 ci trovavamo sul Mar Nero in Romania e una sera quando eravamo in discoteca ci fu un’irruzione armata militare. Non era un problema per lui prendere l’auto e girare. Una volta andammo in Costa Smeralda, dopo un viaggio in Corsica, per cercare lavoro negli hotel come lavapiatti”.

La forza dell’ottimismo, l’amore per lo sport e quello per la famiglia sono stati gli strumenti di Cesare Corda negli ultimi anni della sua vita per fronteggiare un male inesorabile, il Parkinson, che ha anche raccontato nel libro “Benvenuto Mister Parkinson: reportage di quattro anni di battaglie dal fronte della malattia. Così ho zittito il mostro”: “Non si è mai arreso e per tanti anni ha vinto. Ha combattuto giorno dopo giorno per sentirsi vivo. Era abituato a lottare, tutto ciò che ha ottenuto nella vita se l’è guadagnato, nessuno gli ha mai regalato nulla. Da piccolo aveva vissuto anche le sofferenze del periodo della Seconda Guerra Mondiale”, conclude Bruno Corda.