Il vasto complesso del nuraghe Mannu poggia su un altopiano di origine vulcanica (200 m. circa s.l.m.) dal quale domina tutto il Golfo di Orosei e la via di penetrazione naturale costituita dalla Codula di Fuili che si diparte dall’omonima cala, presso Cala Gonone.
Il sito è stato indagato per la prima volta da Taramelli che nel 1927 eseguì due scavi nell’area insediativa mettendo in luce due edifici di età romana. Barreca, che esplorò a sua volta la costa orientale nel 1966, riconobbe nei due edifici la persistenza di planimetrie e di tecniche edilizie caratteristicamente puniche.
Nel 1980 è stato pubblicato il primo rilievo topografico parziale del sito, realizzato dalla Soprintendenza Archeologica di Nuoro. Tra il 1994 e il 2000 l’insediamento è stato oggetto di sette interventi di scavo denominati “Operazione nuraghe Mannu”, alla quale hanno preso parte circa 700 volontari, organizzati dalla Soprintendenza Archeologica in collaborazione con l’E.S.I.T., la rivista Archeologia Viva e il Comune di Dorgali. Le indagini delle “Operazioni”, focalizzate sull’area insediativa, hanno consentito di mettere in luce nove ambienti a pianta quadrangolare attribuibili alla tarda età imperiale. Tra il 2002 e il 2003 è stato realizzato, con finanziamenti della Comunità Montana n. 9 del Nuorese, lo scavo e il restauro del nuraghe. L’intervento ha consentito, attraverso lo scavo del crollo della Tholos e degli strati sottostanti, di mettere completamente in luce la camera e la scala d’andito e di delineare le caratteristiche architettoniche del monumento. Nel 2005, infine, è stata realizzata una campagna di scavo nell’abitato romano, consentendo la messa in luce di due edifici di età romana.
Il sito è costituito da un nuraghe semplice circondato da un insediamento nuragico e romano esteso per oltre due ettari. Il nuraghe, del tipo semplice a tholos, è costruito in opera ciclopica mediante l’utilizzo di grossi massi poliedrici in basalto disposti a filari irregolari; il monumento si conserva per un’altezza residua di 3,50 m. sul lato est e di 4,70 m. sul lato nord; ha un diametro al piano di calpestio di 12,80 m e allo svettamento di 11,20 m; l’ingresso, orientato ad est, presenta forma trapezoidale ed è sormontato da un architrave irregolare sopra il quale si conservano due filari di blocchi e la relativa finestra di scarico.
Al vano interno si accede tramite un corridoio trapezoidale con copertura a piattabanda nel quale si apre, a sinistra, il vano scala che conserva ancora in posto dodici gradini dell’originaria scala d’andito. La camera presenta una pianta ellittica irregolare con due nicchie sopraelevate ricavate nello spessore murario della parete occidentale. Lo scavo della camera del nuraghe ha permesso di recuperare una notevole quantità di materiali ceramici di età nuragica afferenti a contesti che vanno dal Bronzo Medio all’Età del ferro (XV-IX sec. a. C.), tra i quali si segnala la presenza dei tegami, olle, tazze carenate e numerose fusaiole fittili. All’età nuragica sono attribuibili anche le opere di terrazzamento realizzate per sistemare la superficie irregolare sopra la quale sono impostati le strutture nuragiche e il successivo impianto di età romana.
Le strutture di età romana comprendono vani destinati ad un uso civile e magazzini (è stata notata la presenza di silos, di macine e di frammenti di giare) sovrapposti alle strutture nuragiche che hanno subito una destrutturazione in età antica. Gli ambienti messi in luce nel 2005 sono stati interpretati come due edifici destinati anch’essi ad un uso civile, afferenti ad un contesto della media e tarda età imperiale (III- VI sec. d.C.), la cui categoria è inquadrabile nell’ambito delle case a striscia diffuse in età romana. Gli edifici erano costruiti con muri realizzati con conci isodomi, spesso reimpiegati, e con pietre semilavorate senza l’utilizzo di malta.
All’interno di un vano era stata ricavata, scavando la roccia madre, una vasca di forma ellittica destinata a contenere acqua o derrate alimentari. Le coperture, probabilmente a singolo o a doppio spiovente, erano realizzate con tetti alla romana con tegole (tegulae), talune con marchio di fabbrica e coppi (imbrices) sorretti da una travatura lignea. Ogni edificio si compone di due ambienti comunicanti tramite un passaggio disposto in asse (orientamento N-S) con la porta di ingresso. L’indagine ha restituito numerosi frammenti ceramici (ceramiche fini da mensa, ceramiche comuni e da fuoco, anfore, tegole ed embrici), reperti metallici (anelli digitali, chiodi, ami da pesca, scorie di fusione, etc), una cinquantina di monete e resti faunistici una selezione dei quali è già esposta nel Museo Archeologico di Dorgali.
In generale si può affermare che i due edifici appartengono, come gli altri ambienti di età romana messi in luce nelle campagne precedenti, a un insediamento civile la cui vitalità, dall’età repubblicana fino alla tarda età imperiale, è legata ai traffici commerciali e alle rotte di cabotaggio che interessavano la costa orientale sarda.
Nel sito è stata attestata inoltre una fase tardo-antica e bizantina-altomedievale caratterizzata dalla presenza di contenitori anforici del basso impero e di sigillate africane di produzione C e D decorate con simboli cristiani; alla stessa fase afferisce una tegola bollata con chrismon entro circonferenza, formato da una sovrapposizione delle lettere greche X e P combinata con croce secondo una tipologia diffusa tra la fine del IV e il VI sec. d. C.
Le tematiche storiografiche alla quale si possono ricondurre le testimonianze archeologiche e l’evidenza dell’insediamento di nuraghe Mannu sono legate in primo luogo allo studio dei nuraghi e dei villaggi e del rapporto tra nuraghe e villaggio; in secondo luogo il sito in questione rappresenta un contesto ideale per lo studio dell’evoluzione finale della cd. Civiltà Nuragica nei secoli compresi tra l’inizio della colonizzazione fenicia e l’avvento del dominio punico (metà VIII sec. a.C./ fine VI sec. a. C.); lo scavo dell’insediamento civile di età romana contribuirà inoltre allo studio e alla comprensione dei modi e dei tempi con cui è avvenuta la romanizzazione delle Sardinia e della Barbaria sarda in particolare.
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